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Nell’area in cui oggi sorge il centro di Nova Gorica, si trovava dal 1880 il cimitero cittadino di Gorizia. Esteso fino all’attuale teatro e al palazzo municipale della città, era uno dei più grandi del Goriziano, con oltre 28.000 sepolture. A condurre a esso era la Via del Camposanto, fiancheggiata da un caratteristico viale di castagni. Oggi la strada si chiama via Erjavčeva, in onore di Fran Erjavec (1834–1887), scrittore e professore del liceo di Gorizia, che fu sepolto proprio qui.
2025 – Ricostruzione dell’architetto Neža Kravos del 2025, realizzata utilizzando il progetto originale dell’ingegnere de Claricini proveniente dall’Archivio storico del Comune di Gorizia (ASGO) (1830-1927), busta 1390, fascicolo 3024/3 (1879-1889), foglio n. 6: Prospetto esterno dell’ingresso principale del Nuovo cimitero di Gorizia; progetto dell’ingegnere de Claricini (s.d.).
Fonte: Isonzo-Soča Giornale di frontiera / Časopis na meji
Il terreno argilloso e le frequenti esondazioni del torrente Corno causavano numerosi problemi, che nemmeno il sistema di drenaggio riuscì a risolvere del tutto. Tra il 1916 e il 1917, l’area fu attraversata dalla linea del fronte dell’Isonzo, e il cimitero fu definitivamente distrutto.
Dopo la guerra, il camposanto venne trasferito nella parte sud della città, verso Merna, nell’attuale Via Trieste.
~1919 – Cartolina, Fondo Giovanni Viola
Tuttavia, molte tombe rimasero sul vecchio sito: durante la costruzione di Nova Gorica furono rimosse con i bulldozer. Oggi, a ricordare quel luogo, restano soltanto tre lapidi sopravvissute – dimenticate e seminascoste – nei pressi della stazione degli autobus di Nova Gorica.
Fonte: Isonzo-Soča Giornale di frontiera / Časopis na meji
Il trattato di pace di Parigi del 1947 recise bruscamente uno spazio che per secoli era stato politicamente, economicamente e culturalmente unitario. La città di Gorizia fu assegnata all’Italia, ma perse il suo retroterra sloveno; allo stesso tempo, il territorio circostante rimase senza il proprio centro amministrativo. Emerse così la necessità di costruire una nuova città sul lato jugoslavo del confine. In un primo momento si prese in considerazione anche Ajdovščina, ma alla fine prevalse la decisione politica di edificare un nuovo centro urbano nella pianura a sud di Salcano – proprio là dove un tempo sorgeva il cimitero municipale di Gorizia.
La progettazione di Nova Gorica fu affidata all’architetto Edvard Ravnikar, che si ispirò al modernismo di Le Corbusier. Immaginò una città socialista immersa in un parco mediterraneo, senza un centro urbano marcato, ma con un asse principale – la cosiddetta Magistrala – lungo il quale era previsto un doppio filare di platani, che tuttavia non furono mai piantati.
L’inizio della costruzione della nuova città fu affidato alle Brigate giovanili e operaie. Tuttavia, con la rottura dei rapporti tra la Jugoslavia e l’Unione Sovietica, il significato ideologico e simbolico del progetto di Nova Gorica cominciò a svanire. A partire dal 1952, i finanziamenti della Repubblica cessarono e la gestione passò prima al Ministero delle Costruzioni di Lubiana e poi al distretto di Ajdovščina. A causa della mancanza di una guida tecnica coerente, della scarsa coordinazione e delle rotazioni costanti del personale addetto, l’originario progetto urbano concepito da Ravnikar andò progressivamente perduto.
Nova Gorica si è sviluppata all’ombra di grandi progetti, ma anche nel ritmo della quotidianità – come luogo di nuovi inizi, di un passato dimenticato e di una comunità che prende forma sulle ceneri della storia.
ENG
From 1880 onwards, the site of today’s Nova Gorica city centre was home to Gorizia’s municipal cemetery. It extended all the way to what is now the theatre and the Nova Gorica municipal building, and with over 28,000 burials, it was one of the largest cemeteries in the Gorizia region. It was accessed via Via del Camposanto (Cemetery Street), lined with a distinctive avenue of chestnut trees. Today, the street is called Erjavčeva, named after Fran Erjavec (1834–1887), a writer and secondary school teacher in Gorizia, who was buried here.
The clay soil and frequent flooding of the Corno/Koren Stream caused numerous problems, which even the drainage system could not fully resolve. In 1916 and 1917, the area was struck by the Isonzo Front, which led to the complete destruction of the cemetery. After the war, it was relocated to the southern part of the city, towards Miren, on what is now Via Trieste. However, many graves remained at the original site. During the construction of Nova Gorica, the graves were cleared with bulldozers, and today, the only trace of the former cemetery is three preserved – yet long-forgotten – tombstones near the Nova Gorica bus station.
The 1947 Paris Peace Treaty brutally divided what had for centuries been a unified political, economic, and cultural space. The city of Gorizia was assigned to Italy, but it lost its Slovene hinterland – and the hinterland, in turn, lost its administrative centre. This created the need for a new town on the Yugoslav side of the border. Among the possible locations initially considered was Ajdovščina, but a political decision ultimately prevailed: to build an entirely new town on the plain south of Solkan – precisely where Gorizia’s municipal cemetery had once stood.
The design of Nova Gorica was undertaken by architect Edvard Ravnikar. Inspired by Le Corbusier’s modernism, he envisioned it as a socialist city within a Mediterranean park – without a clearly defined centre, and structured around a main urban axis, the magistrala. Along this central boulevard, he planned a double row of plane trees – though they were never planted.
The construction of the new town was initially led by Youth and Workers’ Brigades. However, after the break in relations between Yugoslavia and the Soviet Union, the ideological and symbolic significance of building Nova Gorica began to fade. In 1952, republic-level funding was cut, and the project was taken over first by the Ministry of Construction in Ljubljana, then by the Ajdovščina district authority. Due to a lack of professional oversight, poor coordination, and frequent personnel changes, Ravnikar’s original concept for the city gradually began to erode.
Nova Gorica thus emerged in the shadow of grand plans, but also in the rhythm of everyday life – as a place of new beginnings, forgotten histories, and the forging of community on the ruins of the past.